Nell’occuparci periodicamente di tutti gli aspetti che interessano la metodologia della progettazione digitale in questa sede, vorremmo sottolineare in poche battute come le figure specialistiche del BIM, così come specificamente individuate nelle procedure standard, siano estensibili, in taluni casi, per affinità di competenza ed approccio metodologico, alle figure specifiche di taglio ovviamente tecnico, che tradizionalmente si occupano di manutenzione di immobili o patrimoni immobiliari. Ribadendo che una commessa relativa al settore delle costruzioni non è sempre adatta e compatibile con processi e procedure previste dall’ uso della metodologia BIM, ma diventa utile se non indispensabile ricorrere ad essa quando l’entità dell’opera di cui si sta parlando è di dimensioni tali da muovere un considerevole flusso di dati ed informazioni. A maggior ragione ciò si verifica quando vi sono molti soggetti coinvolti (committenti, progettisti, consulenti, fornitori, imprese, etc.) e tali da richiedere tecnologie IT performanti. La progettazione digitale, come si evince dalla definizione, è una metodologia basata sulla creazione e l’evoluzione del dato associato al modello tridimensionale dell’edificio o infrastruttura da realizzare e la mole di informazioni generate e gestite (materiali, caratteristiche di forma, oggetti classificati, calcoli e schede relative a documentazione di prodotto), rappresenta la base di partenza poi per la gestione manutentiva dell’opera progettata e realizzata.
In articoli precedenti ci siamo occupati del rilievo e la restituzione in BIM degli edifici storici () ed in tale circostanza abbiamo citato gli strumenti e le tecniche per la restituzione digitale, intesa come modellazione tridimensionale dell’esistente, specificando che in ambito BIM ciò concorre a restituire oltre che fedelmente la forma, anche il dato quantitativo, attraverso elementi di modellazione, oggetti AEC, o cosiddette categorie di famiglie, modelli 3D in grado di contenere questi dati di tipo quantitativo e qualitativo.
Oggi nel nostro Paese sono molte e probabilmente prevalgono rispetto a quelle che prevedono costruzione ex novo, le commesse in cui è espressamente richiesto l’uso del BIM finalizzato a rilevare e restituire edifici facenti capo al patrimonio immobiliare di un dato ente, pubblico o privato, strutture sanitare ed immobili di una data azienda ospedaliera, edifici e sedi di un determinato istituto bancario, patrimoni scolastici di province o comuni, etc.
Lo scopo è quello di ricostruire il modello spaziale dell’intero involucro e di tutte le dotazioni tecnologiche ed asset, al fine di localizzarli in caso di guasto improvviso o tracciarne lo stato e gli eventi manutentivi da attuare in termini di riparazioni e sostituzioni, ma anche la gestione quotidiana degli spazi produttivi, la collocazione o l’anagrafica del personale, dell’igiene, della sicurezza, etc.
La società o l’organizzazione che si occupa di servizi manutentivi, e/o supporta gli uffici di gestioni patrimoniali, di solito utilizza una piattaforma modulare, strutturata un cosiddetto CMMS (Computerized Maintenance Management System) che interagisce anche con i sistemi CAD di tipo tradizionale basati sulla rappresentazione spaziale bidimensionale, ma anche con modelli digitali 3D, che possono provenire da una progettazione ex novo o da restituzione. In tal caso è presumibile o auspicabile che sia dotata o costituita da un team di tecnici esperti ed in grado anche di operare in BIM. Pertanto si genera una condivisione, se non coincidenza di competenze, che coniuga capacità organizzative nella definizione efficace del modello digitale informativo e l’uso degli stessi dati all’interno del sistema di gestione.
IL MODELLO OPERATIVO: CLASSIFICARE PER SOSTITUIRE O RIPARARE
Un modello digitale di un edificio o complesso di edifici è costituito da forma geometrica ed informazioni associate in costante evoluzione. In ambito BIM questa doppia dimensione si misura in termini di LOD (Level of Development), LOG (Level of Geometry) e LOI (Level of Information), pertanto occorre che sia interrogabile e che scambi informazioni, finalizzate a tenere aggiornati i dati costruttivi ed i dati manutentivi, con database, per la gestione guasti, anagrafica del personale, misurazione e monitoraggio dei consumi energetici, quantificazione economica degli interventi manutentivi e schede e report degli stessi, quello che abbiamo già indicato essere svolto da un CMMS. Quindi se il modello progettuale o descrittivo è un modello BIM, già con i soli strumenti software appartenenti al workflow di tale metodologia, si riuscirebbe a creare una struttura di Facility Management. Si pensi in ambito Autodesk all’interazione ormai decennale tra Revit, DB-link ed Access, Energy analysis, divenuto poi Insight – escludendo i prodotti più specificatamente legati al Costruction Management, come Navisworks Manage, utile nella fase pre-handover – il tutto gestito in Autodesk Costruction Cloud, ovvero la piattaforma collaborativa che rappresenta il CDE. Se si pensa inoltre come il flusso di dati nasce già condiviso per le necessità organizzative del processo costruttivo e quindi secondo criteri di permessi legati ai ruoli ed alle fasi operative, così come prevede la struttura organizzativa di un CDE (Common Data Environment), il modello BIM è concepito praticamente per essere già uno strumento completo di Facility Management.
Il punto è che la gestione di un patrimonio costituito da più edifici o da più complessi di edifici, collocati in sedi periferiche distanti territorialmente, è qualcosa di molto più articolato e richiede strumenti informatici di più ampia portata. La struttura dati del modello BIM, per quanto federato anche in più edifici, di un complesso costruito (residenziale, ospedaliero, aeroportuale, etc.), può essere condiviso in una piattaforma cloud che arriva a gestire anche innumerevoli progetti, ma mai contemporaneamente. Per sua natura un CDE o ACDat permette l’accesso condiviso ad un solo progetto e non consente una gestione comparata simultanea di più progetti. Non sarà pertanto possibile fare report o visualizzazioni planimetriche, consentendo ad esempio delle query tematiche su asset di egual tipo ma relative a più modelli di edificio afferenti allo stesso patrimonio immobiliare gestito, ma distribuiti territorialmente in localizzazioni diverse.
Questo è possibile con una piattaforma che estenda il concetto di ACDat, inglobando basi dati su server dedicati e consentendo di filtrare in maniera efficace le informazioni richieste, estendendole all’intero patrimonio di “modelli BIM” gestiti per essere fruite anche da figure non tecniche – si pensi al Maintenance Manager, addetto alla segnalazione del guasto, all’interno di una struttura produttiva -. Il punto di arrivo è infatti la maschera/videata di richiesta di intervento, in un documento che elenchi le lavorazioni e/o gli interventi fatti o da farsi, i documenti economici che accompagnano tale attività, etc.
LE FIGURE SPECIALISTICHE DEL BIM POSSONO COINCIDERE CON QUELLE DEL MONDO FM
I team di lavoro specialistici BIM, almeno in fase di progettazione e poi in fase di Costruction Management, si configurano come un’evoluzione del team fatto di tecnici operatori CAD, coordinati da un CAD manager anch’esso tecnico senior, con tutta la gamma di figure tecniche (ingegneri strutturisti, impiantisti, esperti di rilievo, topografi paesaggisti, direttori tecnici di impresa, computisti, etc.), la cui prerogativa pero è ormai quella di saper utilizzare le medesime tecniche di modellazione, ognuno per le proprie competenze, o quantomeno saper interrogare e navigare il modello nella piattaforma cloud condivisa, con le limitazioni di accesso previste per la loro funzione. La differenza rispetto al team di tipo tradizionale è che in esso tutte le figure tecniche e produttive rispondono al Project Manager, anch’esso essenzialmente un tecnico e figura regolamentata dalla norma UNI 11648 che ne delinea compiti ed attitudini. Il PM gestisce in senso generale il progetto e gli aspetti organizzativi, il rapporto con la committenza, organizza le sorse, valuta e tiene sotto controllo le tempistiche, risolve le criticità, etc. Il team di lavoro in ambito digitale invece è costituito dai BIM Specialist di disciplina – i modellatori di contenuti -, coordinati dal BIM Coordinator che, come il Cad Manager, figura operativa e di controllo di processo, ma tra il PM che rimane la figura di riferimento generale compare la figura del BIM Manager, responsabile degli aspetti organizzativi relativamente al processo BIM, infrastruttura HD e SW, tempistiche di sviluppo o maturazione del modello, struttura organizzativa, la quale si interfaccia con la committenza.
Una struttura organizzativa legata al Facility Management che si occupi della gestione di un patrimonio costituto da più edifici adibiti ad attività lavorative o produttive su mandato di uno, o addirittura più enti intestatari di patrimoni, avrà ancora un responsabile generale di progetto, definito PMO, ma che specificamente ricopre il ruolo di Facility Manager, che coordina ed organizza il lavoro degli altri, ruolo delineato dalla norma La definizione UNI EN 15221 – 4:2011, che definisce ed individua il Facility Manager in “persona responsabile per il Facility Management, la quale è l’unico punto di contatto ad un livello strategico; guida l’organizzazione del Facility Management, assicura qualità e il miglioramento continuo dell’azienda. Il Facility Manager è anche chiamato Chief Facility Management Officer (CFMO) o Chief Facility Executive (CFE)”.
È facile immaginare che BIM Manager e Facility Manager abbiano necessità di concordare una strategia comune, che porti a tracciare linee guida BIM scritte dalla prima figura, ma senz’altro improntate sulle esigenze organizzative indicate dalla seconda. La modellazione BIM di una opera ex novo, come l’FM nasce ed è improntata su fattori essenziali come il monitoraggio costante della commessa, riduzione dei costi in conformità alle normative, certezza del dato condivisione dei dati e dei modelli di dati, ma soprattutto disponibilità dei dati nel tempo.
Alle attività legate all‘FM concorrono ovviamente anche altre figure non necessariamente tecniche in senso stretto, o con ruoli non tecnici, come responsabili amministrativi con ruoli importanti e decisionali, in un certo qual modo interlocutori del Facility Manager come il Plant Manager o direttore di impianto, ovvero colui che presiede e organizza le operazioni quotidiane degli impianti di produzione e quindi le dotazioni aziendali, il quale ovviamente ha il ruolo anche di mantenere in efficienza la propria unità produttiva, intesa anche come luogo operativo, oppure il sopracitato Mantenaince Manager, con un ruolo operativo non necessariamente tecnico. Tutte queste ultime figure enunciate, escluso il Facility Manager sono inquadrate nelle mansioni lavorative previste da contratti nazionali, ma non definite da uno standard Normativo UNI come negli altri casi nominati.
Ecco che però di fronte alla necessità di avere un costante supporto tecnologico sugli strumenti e dotazioni informatiche che permettono la fruizione dei dati, ricorre la figura dell’IT Manager, che in epoca di industria 4.0 può coincidere con il CDE Manager, cioè il responsabile della piattaforma cloud collaborativa, figura innovativa e normata nella già citata prassi di riferimento in ambito BIM. In sintesi queste figure potrebbero col tempo anche coincidere in taluni contesti, come le società di servizi o di ingegneria improntate ad una pluridisciplinarità di servizi tecnici, laddove verrà meno la prima affermazione fatta all’inizio di questa nostra trattazione circa l’occasionalità della metodologia BIM, dove la progettazione digitale nei vari gradi di complessità si sostituirà totalmente alla rappresentazione tradizionale di tipo CAD.
Arch. Luca Talucci – BIM Expert